La CEI, la Conferenza Episcopale Italiana dopo aver stanziato 16,5 milioni di euro dai fondi 8×1000, che i cittadini destinano alla Chiesa Cattolica, per l’emergenza Covid-19 in Italia (6 per diversi ospedali, 10 per gli interventi delle Caritas diocesane a sostegno della popolazione più disagiata e 0,5 per la distribuzione di viveri alle famiglie povere e senza reddito), ha assegnato altri 9 milioni di euro destinati a combattere la pandemia nei paesi africani e in altri paesi poveri …
Con questa scelta rivolta in particolare all’Africa lo sguardo di solidarietà della Chiesa Cattolica italiana non si esaurisce entro i confini nazionali. È una risposta alle numerose richieste di aiuto giunte, negli ultimi mesi, dalle popolazioni più bisognose del pianeta dove i problemi di povertà sono aggravati dagli effetti della pandemia.
Il primo obiettivo, al quale sono destinati 7 milioni e 487 mila euro attraverso 381 progetti, è quello di dotare le strutture sanitarie presenti nei diversi paesi di dispositivi di protezione per il personale sanitario, indispensabili alla gestione dell’emergenza, e di strumenti terapeutici basilari per affrontare la pandemia.
Il secondo obiettivo (160 progetti finanziati per un valore complessivo di un milione e 502 mila euro) è finalizzato al sostegno di singole iniziative di informazione, sensibilizzazione e formazione in un’ottica di prevenzione. Lo scopo è diffondere nelle popolazioni più periferiche la consapevolezza sui rischi dell’espandersi della pandemia e dei suoi effetti devastanti, promuovendo comportamenti atti a non favorirne il contagio. Affinché questo sia possibile, tra la maggior parte della popolazione dei paesi africani, una particolare attenzione dei singoli progetti deve essere posta alla dimensione linguistica e al superamento di barriere culturali e religiose.
Per poter rispondere al maggior numero possibile di richieste la CEI ha stabilito un tetto massimo per ogni progetto finanziabile, fissato nella misura di 10 mila euro. In tal modo s’intende favorire un impatto su ampia scala, capillare e che raggiunga anche le periferie dei vari Paesi (a partire da quelli africani). Dato che il finanziamento è finalizzato a fronteggiare una situazione di urgenza l’intera somma deve essere spesa entro tre mesi dall’erogazione (di fatto entro l’estate).
ISCOS ha presentato due progetti, entrambi approvati dal “Servizio per gli interventi caritativi a favore dei paesi del terzo mondo” e dalla Caritas Italiana, incaricati dalla presidenza della CEI di elaborare la strategia d’azione e selezionare i progetti presentati.
Il primo progetto in Mozambico nelle province di Cabo Delgado e Manica, dove la pandemia da Covid-19 si sta rapidamente diffondendo (50 per cento dei nuovi casi di contagio) e il secondo nel sud del Senegal, nella regione di Casamance dove il sistema sanitario è fragile e impreparato a sostenere la lotta contro il coronavirus.
Come ci dice Stefano Frasca, rappresentante di ISCOS in Mozambico “il paese ha specifiche vulnerabilità, per cui diventa importantissima un’azione efficace di sensibilizzazione della popolazione per arginare i rischi di propagazione del Covid-19”. ISCOS opererà insieme ad AIFO, che dal 1979 lavora con il Ministero della Salute mozambicano (MISAU).
“Affinché l’informazione generi consapevolezza e comportamenti adeguati, questa deve essere accessibile (e comprensibile) a tutta la popolazione (non tutta parla il portoghese), incluse le fasce più vulnerabili. Tra queste le persone con disabilità, che rischiano di rimanere completamente escluse a causa di barriere multiple”, aggiunge Stefano Frasca. Si stima che in Mozambico i disabili rappresentino il 15 per cento della popolazione. E tra le raccomandazioni della CEI c’è anche quella di tenere nella giusta considerazione l’accentuato disagio che le persone con disabilità, soffrono nell’attuale situazione di emergenza sanitaria causata dal Covid-19.
Considerando le priorità individuate dal MISAU, che lavora con l’OMS per un piano di contenimento, l’obiettivo del progetto è fornire informazioni accessibili sui sintomi e sulle misure di prevenzione dell’infezione da Covid-19 alla popolazione delle Province di Cabo Delgado (distretti di Pemba, Montepuez, Ancuabe, Balama e Chiure) e Manica (distretti di Manica, Sussundenga e Mossurize), con particolare attenzione alle persone con disabilità e alle comunità rurali e delle periferie urbane. Le fonti saranno le informazioni certificate MISAU e OMS, non ancora divulgate sufficientemente e non ancora tradotte nelle lingue locali e adattate per renderle accessibili alle persone disabili.
Le azioni previste sono le seguenti:
1- integrazione dei moduli MISAU Covid-19 con informazioni specifiche riguardanti l’inclusione delle persone con disabilità, rendendo accessibili i contenuti nelle due lingue locali ed elaborando versioni di semplice lettura e comprensione;
2- formazione di 106 Volontari del CNV e della Comunità di Sant’Egidio su Covid-19 e sui moduli integrati, a cura di AIFO, ISCOS e WWGVC;
3- sensibilizzazione nei luoghi di naturale assembramento (per es. mercati), nel rispetto delle misure di sicurezza nazionali, a cura dei volontari che lavoreranno in coppia 4 gg al mese x 2 mesi, con l’uso di poster;
4- fornitura di materiali di protezione ai 106 volontari e di 53 kit per effettuare in coppia dimostrazioni pratiche sull’utilizzo corretto dei dispositivi;
5- elaborazione e diffusione di spot di prevenzione, integrati con contenuti sulla disabilità, attraverso le radio locali per raggiunger un maggior numero di beneficiari anche nelle comunità più isolate a causa dei conflitti armati.
Si prevede di raggiungere un totale di 75 mila famiglie e 375 mila persone, di cui il 15 per cento con disabilità. I moduli integrati tradotti e adattati saranno replicabili e messi a disposizione a livello nazionale.
Nella regione casamancese nel sud del Senegal il sistema è fragile e non ancora pronto ad azioni di contrasto alla diffusione del coronavirus. La popolazione (di cui il 57,3 per cento in condizioni di estrema povertà), a maggioranza giovani e donne/vedove (con un tasso di analfabetismo superiore al 50 per cento) ha bisogno di essere sensibilizzata e informata sulla diffusione della pandemia, sulla sua propagazione e su come limitare il contagio.
L’obiettivo specifico del progetto di ISCOS (presente da 27 anni nella regione di Casamance) è di sensibilizzare le comunità locali, soprattutto delle zone rurali e costiere di Kolda, Sedhiou e Ziguinchor sui sintomi, sulla diffusione e sulla prevenzione del Covid-19. Lo strumento principale è l’uso di radio comunitarie per diffondere i contenuti già messi a disposizione da OMS, Ministero della salute senegalese e dalle altre organizzazioni che lavorano nella zona. I contenuti saranno tradotti nelle otto lingue locali e trasferiti su radio alimentate da energia solare e su chiavette Usb.
Saranno coinvolte oltre 80 mila persone disperse in oltre 200 villaggi. ISCOS realizzerà il suo intervento in partenariato con il GIE, affiliata alla Caritas di Ziguinchor. Come ci spiega Wanda Dimitri, rappresentante ISCOS in Senegal “l’organizzazione partner raggruppa oltre mille donne, divise in cinque zone della Casamance. Dispongono di una radio associativa comunitaria, che si chiama “Kassoumay FM”. La missione di Radio Kassumay FM è contribuire al ripristino della pace nella regione e rafforzare la partecipazione delle popolazioni allo sviluppo locale. La radio trasmette da Ziguinchor in 12 lingue diverse e sarà la stessa radio a essere utilizzata per questo progetto di sensibilizzazione”.
Le azioni previste sono le seguenti:
1- registrazioni di spot radio e trasmissioni radio in 8 lingue locali (Manding, Diola, Poular, Wolof, Mankagne, Seerer, Manjack, Creolo) oltre al francese, con informazioni utili e chiare sulla prevenzione del Covid-19;
2- acquisto di 200 radio solari, che permetteranno la diffusione delle trasmissioni radio per la sensibilizzazione sul Covid-19 in 8 lingue locali in 200 villaggi della Casamance;
3- acquisto di 250 chiavette Usb di 8G per trasferire le registrazioni attraverso le radio solari, affinché ci sia una diffusione delle informazioni nelle aree rurali, nelle comunità e nelle famiglie prive di una rete elettrica, di un televisore e di accesso alle tecnologie multimediali;
4- acquisto di 50 megafoni con porta Usb per i villaggi più popolati;
5- stampa di 600 poster (con immagini + scritte) in lingue locali, in modo tale da permettere a tutti di accedere all’informazione, comprese le persone analfabete.