A Maputo, capitale del Mozambico, non c’è’ strada dove non si notino targhe, cartelloni e manifesti che celebrano la promessa del futuro. Le pubblicità danno un primo assaggio di una modernità superficiale, uguale a molte altre già viste altrove, abbacinante quando ritorna come un mantra seducente sugli schermi luminescenti delle avenidas principali. Immagini di chilometriche spiagge incontaminate e semi-deserte o cittadine che appartengono ad un altro tempo, vestigia dell’epoca coloniale, ancora sconosciute ai più, propongono mete appannaggio di intraprendenti e facoltosi turisti. Una cartolina perfetta, perfino banale, per un paese la cui crescita del PIL viaggia con numeri che nelle economie avanzate, ora in affanno, sembrano stellari: 7% nel 2013, previsioni di oltre l’8% per i prossimi due anni.
La realtà dei barrios informali, le periferie attorno alla capitale e a molte altre città simbolo della spinta economica dà’ meno lustro agli occhi, ma mostra un Paese con indici che lo pongono in fondo alla lunga lista dei paesi a basso sviluppo umano.
Uscito da una lunga guerra civile nel 1992, con l’accordo’ stipulato a Roma con la mediazione della Comunità di S. Egidio, il Paese si é’ avviato al multipartitismo, ad un’economia aperta all’intervento privato e ad una decentralizzazione dell’azione di governo.
Il Mozambico resta fortemente legato alla produzione agricola, ma si tratta di un’agricoltura di sussistenza, incapace per ora di garantire ai piccoli produttori l’accesso al mercato e di slegare il paese dalla dipendenza dalle importazioni dal Sud Africa. L’economia informale della miriade di piccoli commerci ed attività artigianali rappresenta ancora il modo per sbarcare il lunario, mentre sul mercato appaiono dinamici imprenditori locali che hanno bisogno di una manodopera formata ai nuovi compiti di un’economia che muta rapidamente.
Il paese, immenso per i suoi 25 milioni di abitanti, appare dall’alto come una distesa incolta, un ingannevole “terra di nessuno”’. Al di sotto di questo vasto territorio, vi è un ‘”Eldorado” che attira gli investitori esteri: ricchi giacimenti di carbone, alluminio e gas naturale, di cui gli Stati affamati di materie prime sono particolarmente ghiotti. La possibilità di una crescita che possa allargarsi agli strati di popolazione ora ai margini delle “isole” di benessere, dipende dal modo in cui queste risorse saranno utilizzate.
Compagnie multinazionali brasiliane, sudafricane, indiane, cinesi si contendono appalti e licenze di sfruttamento e di costruzione di infrastrutture. Tra queste, l’italiana ENI, che ha in programma investimenti per 50 miliardi di dollari per accedere al gas naturale nel Nord del Paese: un’opportunità sostenuta dal Governo e dallo stesso Presidente del Consiglio Renzi durante la visita al Paese svoltasi lo scorso luglio.
Si tratta per la gran parte di alti investimenti di capitale, che impiegano poco della mano d’opera locale, comunque poco formata per svolgere lavori nei mega-progetti delle società multinazionali, per tipo e modalità del lavoro. Le stesse compagnie coinvolte si fanno portatrici di “culture del lavoro” molto diverse tra loro.
Perché non si ripeta la storia già vista in altri paesi, sedotti, sfruttati ed abbandonati alla povertà ed ai conflitti interni per il controllo dei proventi, il governo mozambicano si sforza di garantire che le risorse del Paese siano utilizzate per la sua crescita, che coinvolgano le imprese locali e siano di sostegno all’occupazione interna. Solo con la partecipazione alle scelte economiche ed alle ricchezze del paese la promessa di un futuro migliore non sfumerà in un’illusione.
Per questo, oltre ad avere disseminato le provincie di Istituti per la formazione professionale, all’inizio del 2014 il governo mozambicano ha pubblicato un documento che definisce le linee politiche della Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI o CRS, nell’acronimo inglese) specifico per il settore dello sfruttamento delle risorse minerarie. Nel documento si legge di rispetto della dignità umana, diritto al progresso e alla stabilità’ sociale, parità di genere, rispetto delle culture e valori locali, partecipazione delle comunità coinvolte, lavoro dignitoso.
Per sostenere questo impegno e affinché la crescita economica ed i cambiamenti sociali vedano partecipi i mozambicani, prevenendo le tensioni sociali propri dei mutamenti, l’ONG ISCOS (Istituto Sindacale per la cooperazione allo sviluppo) collabora con il governo e le parti sociali – associazioni di imprenditori e sindacati – con un progetto finanziato dall’Unione Europea. Il tavolo istituzionale a livello centrale di discussione tripartita per le questioni socio-economiche della Commissione Consultiva del Lavoro, è stato replicato per ogni provincia, in modo che i problemi locali possano essere analizzati e risolti primariamente dagli attori locali. Il progetto Saber para participar, che vede impegnati anche ISCOS Emilia Romagna e Nexus Emilia Romagna, ha come scopo quello di sostenere attraverso la formazione, la consapevolezza e la capacità delle parti coinvolte, la realizzazione di un effettivo dialogo sociale che possa sostenere la crescita economica ed i mutamenti sociali dell’economia.