Bem viver -prospettive endogene di sviluppo nell’Amazzonia di frontiera link al libro della collana ISCOS
PRESENTAZIONE
Renzo Bellini
Presidente ISCOS-CISL
In America Latina, il numero di poveri e di poveri estremi si è ridotto nell’ultimo quinquennio, effetto della crescita economica sostenuta e delle politiche redistributive e di lotta alla povertà messe in campo da alcuni grandi paesi, Brasile in primis (CEPAL1, 2010). Nonostante ciò, questi risultati vengono minacciati dall’enorme frattura rappresentata dalla struttura produttiva della regione e dal mercato del lavoro che generano impiego con bassa produttività e privo di protezione sociale.
Nonostante la povertà sia diminuita, in alcuni paesi si mantengono le diseguaglianze, soprattutto per donne e giovani. La differenza di reddito tra il 10% più facoltoso e il 10% più povero è di 50 volte in America Latina, di 10 in Spagna e di 6 in Norvegia. Cile e Brasile sono i paesi che registrano la maggiore forbice. In Brasile il 75% del reddito e della ricchezza nazionale è in mano al 10% della popolazione e il salario minimo è inferiore di quasi quattro volte rispetto al reddito base necessario.
I modelli “produttivisti” alla brasiliana e all’argentina, che si avvicinano alle economie di mercato, con un po’ di redistribuzione e sviluppo del mercato interno, promuovono in maniera condizionata i trasferimenti monetari ai poveri come massima innovazione e si fondano su modelli economico-produttivi di impronta estrattivista, minaccia per l’ambiente e per i diritti dei settori meno protetti (indigeni e piccoli agricoltori).
La crescente disoccupazione, la trasformazione del mercato del lavoro e dell’organizzazione economica in Brasile (e nel mondo) stanno provocando un forte processo di espansione delle nuove forme di organizzazione del lavoro e della produzione. Di fronte a ciò, alcuni di questi paesi stanno promuovendo iniziative politiche e legislative a favore dell’economia sociale o solidale. Nonostante tentennamenti e contraddizioni, si apprezzano questi sforzi, tesi a dare risposte alla disoccupazione con forme nuove di lavoro.
Nel Piano di Azione dell’Autoriforma Sindacale della CSA2 si sottolinea l’importanza di sostenere l’economia sociale e solidale e tutelare i diritti di chi ci lavora. ISCOS ha ritenuto perciò pertinente continuare ad operare in Brasile, aprendo un versante nuovo in Amazzonia, in particolare nella Regione dell’Alto Solimões, ai confini con Colombia e Perù, attraverso il Progetto “Sviluppo sostenibile nella frontiera amazzonica brasiliana” cofinanziato dal DGCS-Ministero degli Affari Esteri Italiano.
L’intervento si è sviluppato con le comunità indigene e meticcie del Municipio di Benjamin Constant, distribuite sulle sponde brasiliane del fiume Solimões. Popolazioni che stanno vivendo da tempo un processo di erosione dei loro saperi, delle loro pratiche sociali e dei loro valori a causa dell’adozione-imposizione di sistemi produttivi basati sulle monocoltivazioni (sviluppismo estrattivista: dal caucciù al legname pregiato) che lasciano i valori aggiunti del lavoro dei piccoli agricoltori in mano agli intermediari.
Questo processo ha determinato nelle comunità livelli bassi di reddito e la perdita di integrazione sociale. Insieme all’abbandono progressivo delle pratiche di diversificazione produttiva, che da secoli avevano garantito sia l’autoconsumo familiare (reddito non monetario) che la vendita nel mercato dei prodotti agricoli (reddito monetario), si stanno perdendo antiche pratiche lavorative e comunitarie solidali.
Il Progetto, avviato nel giugno 2010 da ISCOS con la Diocesi dell’Alto Solimões come partner, ha inteso offrire quindi nuove opportunità a più di 20 comunità indigene e meticcie che hanno migliorato i loro standard di vita in conformità con la loro nozione di benessere (bem viver) e secondo le loro forme di sapere e saper-fare.
Nello specifico il Progetto ha favorito il miglioramento delle condizioni igienico-sanitarie (raccolta e potabilizzazione dell’acqua piovana) e l’aumento della redditività delle produzioni (artigianali, agricole e piscicole) puntando sulla partecipazione attiva delle comunità e sulla relazione costruttiva di partenariati con le istituzioni locali, in particolare con municipalità ed università, promuovendo e rafforzando modelli di gestione comunitari e associativi.
L’azione non è terminata, avendo generato una continuità tesa a rafforzare ed estendere ulteriormente i risultati, finanziata questa volta da EuropeAid, l’organismo di cooperazione dell’Unione Europea. Questo a dimostrazione di come in Italia si possa fare sistema con gli organismi sovrannazionali in un intento di complementarietà e massimizzazione.
Colgo qui l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno lavorato per l’identificazione e la buona riuscita dell’iniziativa: lo staff della sede di Roma dell’ISCOS, così come l’equipe che ha operato in loco, sia gli italiani espatriati (come si dice in linguaggio tecnico) che lo staff locale. Ringrazio in particolar modo le funzionarie ed i funzionari della DGCS-Ministero degli Affari Esteri per l’impegno e l’accompagnamento nell’azione, sin dalla fase di progettazione, che non è stato un mero atto burocratico ma sostanziale. Ringrazio altresì i nostri partner nel progetto: la Fondazione Sipec, che prima di noi ha cominciato a lavorare nell’Alto Solimões e la cui esperienza del territorio è stata fondamentale per la buona riuscita del progetto; il partner locale, la Diocesi dell’Alto Solimões, per l’esperienza e l’amicizia che ha messo a disposizione; i Frati Minori Cappuccini dell’Umbria, presenti in area da oltre cento anni, che sono andati ben al di là di quanto definito dalla loro mission, accompagnandoci nella foresta per mano.
In ultimo, ma forse più importante di tutto il resto: grazie agli uomini e donne della foresta delle comunità con cui abbiamo operato. In uno dei miei viaggi di conoscenza dell’andamento del progetto, durante l’inaugurazione del Centro per l’Artigianato che abbiamo realizzato, la presidente dell’associazione di riferimento, AMATU, nel discorso di rito ha detto, in un iperbole, che eravamo stati mandati da Dio. Io questo non lo so ma, sicuramente, sono certo che tutti noi ci siamo impegnati per fare il meglio che potevamo.