Essere presenti nella Regione dell’Alto Solimões, nel cuore dell’Amazzonia, è senza ombra di dubbio una sfida. A partire dalle condizioni imposte dalla sua particolare configurazione etnica ed ambientale. Zona di frontiera, non solo geografica, ma soprattutto di culture, di etnie, di provenienze, di idiomi, di passati e di presenti fatti di drammi collettivi, rancori e pregiudizi, ma anche di miti e sogni di progresso che si sono realizzati solo per pochi, come, ad esempio, durante l’epopea del caucciù.
Da qualche anno a questa parte, si è fatto sempre più presente il fenomeno legato al traffico della droga ed è scioccante vivere circondati dalla foresta, da questa meravigliosa natura, con tanti militari a presidiarla.
Ciò che non si riesce a presidiare è il persistere – nonostante qualche passo in avanti sia stato compiuto – del malaffare legato al traffico illegale del legname pregiato che implica anche l’uccisione degli indios che cercano di difendere la foresta, che per secoli ha dato loro la vita, mantenendola in vita.
Probabilmente la problematica più insidiosa, perché raffinata e silenziosa, è rappresentata dal mito collettivo che l’agronegocio (il business del commercio agricolo) rimpiazzi a distanza di decenni il ruolo del caucciù; un’idea di sviluppo più funzionale alle imprese trasformatrici dei prodotti estratti dalla foresta che alle comunità.
Nella regione dell’Alto Solimões solo la Diocesi dell’Alto Solimões, grazie all’indirizzo dato dal Vescovo Dom Alcimar Magalhaes alla Pastorale Sociale, si sta muovendo per proporre alternative di sostenibilità. Mentre le organizzazioni comunitarie e le pochissime associazioni esistenti sono deboli, vulnerabili. Eppure la regione non si può certo descrivere come area povera, cosi ricca di risorse naturali e di culture. Forse è meglio parlare di territorio impoverito, soprattutto nei saperi popolari andati perduti nel corso dei decenni.
E la prima cosa che le popolazioni che abitano le rive del Solimões hanno perduto è stata l’autostima. Ed è per questo motivo che il progetto ha basato la sua politica sull’investimento formativo delle persone, sul recupero e la valorizzazione dei saperi, sulla promozione e il rafforzamento del senso dell’organizzazione comunitaria. E in questo senso sono arrivate le più belle sorprese.
Si è impostata una strategia che ha mirato alla sostenibilità dell’intervento e al protagonismo delle comunità, alla loro capacità di incidere nelle politiche locali; si è operato quindi tessendo reti e rapporti con le istituzioni, con alcune difficoltà iniziali, poi gradualmente superate. Si è puntato moltissimo sulla formazione dei tecnici locali, che sono stati coinvolti e motivati valorizzando le loro idee nell’ambito di una dialettica permanente con le comunità.
Il ruolo dell’ISCOS non si è limitato alla sola conduzione del progetto, avendo avuto un più ampio valore sociale. Si sono offerti contributi che hanno arricchito i contenuti del lavoro. Ad esempio introducendo il tema dei diritti sulla protezione sociale (concretizzatosi con la campagna di sensibilizzazione realizzata insieme al Sindicato de Trabalhadores e Trabalhadoras Rurais); o suggerendo l’applicazione di metodologie praticate in altre aree dell’America Latina, come ad esempio l’approccio metodologico del Campesino a Campesino (metodo di trasmissione e condivisione diretta delle conoscenze fra contadini di diverse comunità) in agricoltura familiare.
Grazie al rapporto diretto e costante mantenuto con le comunità e con alcune istituzioni brasiliane abbiamo ricevuto molto. Abbiamo appreso dai saperi e dalle variegate umanità – nascoste e poco valorizzate – delle donne, dei leader e dei giovani che esprimono desideri non solo materiali ma soprattutto culturali, come poter accedere all’informazione e alla cultura. E grande lezione abbiamo appreso confrontandoci con esperienze di Economia Solidale maggiormente sviluppate in altre aree del Brasile. Grazie a queste relazioni – insieme alle Università locali – siamo riusciti a dare il nostro contributo per avviare processi analoghi in Amazzonia.
Per il futuro ci si sono aperte nuove strade, percorribili anche e soprattutto nella logica dello scambio e della reciprocità tra territori, per uno sviluppo sostenibile, che nasca da una reale cooperazione fatta di conoscenza, interscambio e mutuo arricchimento.
*Capo-Progetto ISCOS-CISL “Sviluppo Sostenibile nella Frontiera dell’Amazzonia Brasiliana”